venerdì 16 gennaio 2015

Il fegato (etrusco)

Per la sezione RistoRacconti eccone uno che parla di fegato...
Dalla Guida ai luoghi fantastici di Piacenza e Provincia, Codex10 edizioni, Piacenza 2012


La fabbrica dei fegati etruschi “Aruspice”.

Via Montebello 1003/C - Tel 0523.453627 - Fax 0523.456789 - mail: info@aruspice.com - www.aruspice.com
Dalla stazione ferroviaria prendere l’autobus n. 7 direzione Sant’Antonio, fermata Infrangibile. Per chi arriva in macchina si consiglia di uscire a Piacenza Ovest e seguire le indicazioni per il quartiere Infrangibile. In via Montebello c’è un parcheggio libero.
Cosa visitare: l’ala antica della fabbrica che risale alla fine dell’Ottocento è stata trasformata in un museo didattico dedicato alla storia industriale di Piacenza e alla realizzazione dei primi modelli di fegato etrusco in bronzo e ferro. La parte moderna del complesso, invece, è tuttora un’officina estremamente all’avanguardia nella produzione dello stesso manufatto, ma nei materiali più vari: oltre a bronzo e ferro, gomma, plastica, tessuto, sasso, cuoio, osso, oro, rame, zinco, pietre preziose.
È possibile visitare lo stabilimento su prenotazione chiamando il numero 0523.453628. Costo del biglietto: 4 €. Per le scuole, invece, contattare la responsabile, dott.sa Paola Sgnerfa, al numero: 0523.453629. Alla boutique interna è possibile acquistare i modelli di fegato etrusco di ultima tendenza.

La fabbrica dei fegati etruschi Aruspice si trova nel quartiere Infrangibile di Piacenza e rappresenta, nella provincia piacentina, un caso piuttosto unico di architettura industriale, essendo sorta alla fine dell’Ottocento e conservando intatto l’impianto originario. La struttura presenta un grande porticato con archi a tutto sesto, dal quale si accede agli interni sapientemente restaurati, ospitanti gli antichi forni per la fusione del bronzo. Diverse bacheche e ausili informatici narrano la storia della fabbrica e quella del fegato etrusco, rinvenuto da un contadino durante l’aratura il 26 settembre 1877 in località Ciavernasco, frazione di Gossolengo.
Intorno ai primi anni Sessanta, di fianco alla struttura più antica, è stato innalzato un edificio in calcestruzzo prefabbricato in cui tuttora avviene la produzione in serie del modello originale di fegato bronzeo posseduto da Pava Tarchies, il più importante aruspice piacentino esperto nell’arte della divinazione mediante studio del fegato di animali. Questi, tra il 69 a.C. e il 27 a.C., seppe prevedere alle gens romane le maggiori sciagure, oltre che la propria morte [F. Branca, Dizionario Biografico Fantastico dei Piacentini Illustri, Codex10 ed., Piacenza, 2012, 234-236] e per questo ancora oggi il fegato bronzeo donatogli dal padre su cui svolse il suo apprendistato, e conservato presso i musei di Palazzo Farnese, è considerato un oggetto dai poteri soprannaturali, una sorta di amuleto in grado di scacciare malefici, fatture e maledizioni.
A quell’originale è ispirata la produzione in serie del talismano, che rappresenta una delle attività più floride del Piacentino; la fabbrica infatti consta di una forza lavoro di circa un migliaio di unità, suddivise tra impiegati, dirigenti e operai. Proprietaria dell’azienda è la famiglia Scacciagatti di Piacenza che oggi porta avanti il progetto dell’ideatore, il Cav. Franco Scacciagatti che, nonostante l’alto rischio d’impresa, intuì l’enorme fatturato derivato dalla vendita del curioso manufatto.
La città di Napoli fu una delle prime che, a partire dalla metà degli anni Sessanta, venne conquistata dai poteri divinatori dell’amuleto che in poco tempo sostituì il tradizionale cornetto rosso. Appeso ai finestrini delle macchine o sistemato ad adornare qualche domestico santuario, il fegato etrusco sbandierava in territorio partenopeo nelle sue varie fogge e stravaganti materiali come un vero oggetto di culto. Ma i più grossi guadagni derivarono - e derivano tuttora - dalla conquista del mercato cinese dove il sacro monile, confezionato su misura, spesso in forma di ciondolo in oro o in pietre preziose con inciso il nome del bambino a cui è destinato, viene regalato a ogni neonato in segno beneaugurale. Benché i cinesi siano facili alle contraffazioni, nessuna fabbrica del posto ha mai osato produrre alcuna copia del monile per non alterarne i poteri soprannaturali.
Successivamente, anche i piacentini furono contagiati dalla mania del talismano etrusco e oggi non è difficile acquistarne copie in miniatura nelle tabaccherie, nei supermercati, nelle edicole. Richiestissimi sono i portachiavi, gli orecchini a pendente, i ciondoli in oro e argento, le fibbie di cintura sia per uomo che per donna. Da qualche tempo, poi, il modello a lucchetto sta spopolando tra gli adolescenti piacentini che amano farsene dono e dichiararsi amore eterno fissandolo alle ringhiere del ponte del Po.
                                                                                                         Chiara Ferrari