Rubrica RistoRacconti
Dolce a sorpresa
Dolce a sorpresa
Racconto di Giusy Cafari Panico, Chiara Ferrari, Elisabetta Paraboschi
IL CUOCO
Li ho visti dalla porta della cucina che si apriva quando è entrato il cameriere con le ultime comande. Erano laggiù, proprio davanti guardando dritto. Dai piatti dei primi che tornavano dalla sala avevo già capito che dovevano essere loro, una coppia, quelli del tavolo tre. Lei aveva ordinato gnocchetti di zucca e tartufo e li aveva lasciati a metà, lui aveva divorato i ravioli di ricotta ed erbette al burro nocciola. Per i secondi stessa storia, antipasti niente. Adesso chiedevano un dolce a sorpresa, non in menù. L’ha deciso la signora, dice il cameriere. Porzione per due. Sono sicura che mi farà contenta, questo cuoco... mi ripete il cameriere facendole eco. Vuole che le prepari un dessert speciale per concludere la cena. Terminare la serata e forse chiudere il conto con il suo uomo. Che non la ama. O invece è una scusa, l’occasione per prendere tempo, gustarsi tutto fino all’ultimo cucchiaio e non chiudere proprio niente, anzi prolungare.
Prendo dell’ananas succoso, lo taglio a cubetti che sembrano zaffiri, lo infiammo col rum e lo impiatto su un Ginori bordato d’oro. Ci verso zabaione caldo. Poi gelato alla vaniglia, scaglie di cioccolato fondente extra e salsa di fragola. Così, in bocca, il dolce si mescola all’amaro e il liquido al croccante per stuzzicare la lingua. In gola, freddo e caldissimo insieme. Nero, rosso e oro: giochi di luce per gli occhi, che rideranno. Mando fuori con una bottiglia di Sauternes. Per la signora, più che per lui. E aspetto.
LUI
La fretta non mi sta permettendo di gustare nulla. I sapori devono indugiare sulle papille gustative per qualche secondo per permettere al piacere di arrivare al cervello.
Sto contravvenendo ai principi base che ho insegnato a Michela quando ho deciso di introdurla nel mio mondo edonistico e raffinato.
“Questa è alta cucina, ovvero Arte, Cultura. Non trangugiare, non dare nulla per scontato. Annusa e assapora.” È così che l’ho plasmata, trasformandola in una donna di classe.
Guardala, come ruota quel vino francese nel calice, come sistema con eleganza il solito ciuffo sfuggito allo chignon: ormai il mio compito da pigmalione è finito.
Lo sai, vero, che ti voglio molto bene?
Questo dolce all’ananas mi ricorda la prima volta che l’ho portata a cena.
Aveva portato un cubetto alle labbra con le dita, in un gesto voluttuoso che non era contemplato dal galateo, ma portava in sé grazia e spregiudicatezza. Ecco la donna per me, avevo pensato.
Ora però la situazione è cambiata. La mia vita è troppo complicata per includere “noi due”.
I miei pensieri si stanno sciogliendo nell’abbraccio caldo del cioccolato e negli occhi di lei, dello stesso pastoso colore. Non posso permettermi di annegare nella loro dolce arrendevolezza, come ho fatto tante volte.
Inseguo con il cucchiaio da dessert l’ultimo rivolo di fragola. Non riesco a non fissarle la bocca rosea, immaginando di posarvi la mia per l’ultima volta. Decido di interrompere il silenzio “Lo sai, vero…” ma lei mi previene.
LEI
“Ho deciso di lasciarti” gli dico in un soffio. In bocca ho ancora il sapore fresco e zuccherino della fragola: “ho deciso di lasciarti” ripeto più decisa, finendo l’ultimo sorso di Sauternes. Quanto mi è costato dirglielo. Anche se ora sembra che non m’importi nulla, che tutta la mia attenzione sia così straordinariamente focalizzata a gustare l’ultima ebbrezza del vino. Questo discorso me lo sono ripetuto decine di volte nella testa, in silenzio per strada: il pigmalione mi ha stancato. E anche la sua classe, i suoi modi educati, “charmant” come gli piace definirli, la sua eleganza da uomo d’altri tempi. Anche io sono diventata una donna d’altri tempi: abito lungo, pelliccia, chignon perché a lui piacevo così. E a me? Forse no. A me piace la freschezza delle fragole; e lui non se ne è mai accorto. Mi piace il calore del cioccolato; e a lui non importa. Non è come Giorgio, lui.
Mi alzo. Lui non dice niente, non tenta di fermarmi. Mi dirigo rapida verso il guardaroba, prendo la pelliccia ed esco: fuori fa freddo, mi accendo una sigaretta, è da un pezzo che non fumo.
Guardo verso la porta del retro del ristorante, quella della cucina: si apre.
“Che gli hai detto?”.
“Prova a indovinare”.
Mi avvicino con lo sguardo più malizioso che mi viene in quel momento: gli prendo la mano nascosta sotto il grembiule da cuoco. Dentro c’è una fragola. L’addento, un rivolo di succo rosso mi scende dal labbro: mi avvicino ancora, sempre di più, posso sentire il suo respiro. Quello di Giorgio.
Chiara Ferrari insegna Storia del prezzemolo, Giusy Cafari Panico scrive poesie all’aglio, olio e peperoncino, Elisabetta Paraboschi è specializzata in Filologia del cioccolato.