Per la sezione RistoRacconti eccone uno che parla di fegato...
Dalla Guida ai luoghi fantastici di Piacenza e Provincia, Codex10 edizioni, Piacenza 2012
La fabbrica dei fegati etruschi “Aruspice”.
Via Montebello 1003/C - Tel
0523.453627 - Fax 0523.456789 - mail: info@aruspice.com - www.aruspice.com
Dalla
stazione ferroviaria prendere l’autobus n. 7 direzione Sant’Antonio, fermata
Infrangibile. Per chi arriva in macchina si consiglia di uscire a Piacenza
Ovest e seguire le indicazioni per il quartiere Infrangibile. In via Montebello
c’è un parcheggio libero.
Cosa
visitare: l’ala antica della fabbrica che risale alla fine dell’Ottocento è stata
trasformata in un museo didattico dedicato alla storia industriale di Piacenza
e alla realizzazione dei primi modelli di fegato etrusco in bronzo e ferro. La
parte moderna del complesso, invece, è tuttora un’officina estremamente all’avanguardia
nella produzione dello stesso manufatto, ma nei materiali più vari: oltre a
bronzo e ferro, gomma, plastica, tessuto, sasso, cuoio, osso, oro, rame, zinco,
pietre preziose.
È possibile
visitare lo stabilimento su prenotazione chiamando il numero 0523.453628. Costo
del biglietto: 4 €. Per le scuole, invece, contattare la responsabile, dott.sa Paola
Sgnerfa, al numero: 0523.453629. Alla boutique interna è possibile acquistare i
modelli di fegato etrusco di ultima tendenza.
La fabbrica dei fegati etruschi Aruspice
si trova nel quartiere Infrangibile di Piacenza e rappresenta, nella provincia
piacentina, un caso piuttosto unico di architettura industriale, essendo sorta
alla fine dell’Ottocento e conservando intatto l’impianto originario. La
struttura presenta un grande porticato con archi a tutto sesto, dal quale si
accede agli interni sapientemente restaurati, ospitanti gli antichi forni per
la fusione del bronzo. Diverse bacheche e ausili informatici narrano la storia
della fabbrica e quella del fegato etrusco, rinvenuto da un contadino durante
l’aratura il 26 settembre 1877 in località Ciavernasco, frazione di Gossolengo.
Intorno ai primi anni Sessanta,
di fianco alla struttura più antica, è stato innalzato un edificio in calcestruzzo
prefabbricato in cui tuttora avviene la produzione in serie del modello
originale di fegato bronzeo posseduto da Pava Tarchies, il più importante aruspice
piacentino esperto nell’arte della divinazione mediante studio del fegato di
animali. Questi, tra il 69 a.C. e il 27 a.C., seppe prevedere alle gens romane le maggiori sciagure, oltre
che la propria morte [F. Branca, Dizionario
Biografico Fantastico dei Piacentini Illustri, Codex10 ed., Piacenza, 2012,
234-236] e per questo ancora oggi il fegato bronzeo donatogli dal padre su cui
svolse il suo apprendistato, e conservato presso i musei di Palazzo Farnese, è
considerato un oggetto dai poteri soprannaturali, una sorta di amuleto in grado
di scacciare malefici, fatture e maledizioni.
A quell’originale è ispirata la
produzione in serie del talismano, che rappresenta una delle attività più
floride del Piacentino; la fabbrica infatti consta di una forza lavoro di circa
un migliaio di unità, suddivise tra impiegati, dirigenti e operai. Proprietaria
dell’azienda è la famiglia Scacciagatti di Piacenza che oggi porta avanti il
progetto dell’ideatore, il Cav. Franco Scacciagatti che, nonostante l’alto
rischio d’impresa, intuì l’enorme fatturato derivato dalla vendita del curioso
manufatto.
La città di Napoli fu una delle prime
che, a partire dalla metà degli anni Sessanta, venne conquistata dai poteri
divinatori dell’amuleto che in poco tempo sostituì il tradizionale cornetto
rosso. Appeso ai finestrini delle macchine o sistemato ad adornare qualche
domestico santuario, il fegato etrusco sbandierava in territorio partenopeo nelle
sue varie fogge e stravaganti materiali come un vero oggetto di culto. Ma i più
grossi guadagni derivarono - e derivano tuttora - dalla conquista del mercato
cinese dove il sacro monile, confezionato su misura, spesso in forma di
ciondolo in oro o in pietre preziose con inciso il nome del bambino a cui è
destinato, viene regalato a ogni neonato in segno beneaugurale. Benché i cinesi
siano facili alle contraffazioni, nessuna fabbrica del posto ha mai osato
produrre alcuna copia del monile per non alterarne i poteri soprannaturali.
Successivamente, anche i
piacentini furono contagiati dalla mania del talismano etrusco e oggi non è
difficile acquistarne copie in miniatura nelle tabaccherie, nei supermercati,
nelle edicole. Richiestissimi sono i portachiavi, gli orecchini a pendente, i ciondoli
in oro e argento, le fibbie di cintura sia per uomo che per donna. Da qualche
tempo, poi, il modello a lucchetto sta spopolando tra gli adolescenti
piacentini che amano farsene dono e dichiararsi amore eterno fissandolo alle
ringhiere del ponte del Po.
Chiara Ferrari